Chi sei e di che cosa ti occupi?
Sono Lucia, progettista e consulente in ambito di cooperazione allo sviluppo e Responsabilità Sociale d’Impresa. Lavoro per una Società Benefit e BCORP certificata chiamata De-LAB e ho la fortuna di essermi costruita un percorso a cavallo tra il settore profit e il non-profit, tra i quali vedo molte più somiglianze che differenze.
Cosa ti ha portato in APIS e qual è il tuo contributo?
La possibilità di entrare in relazione con altri esperti di progettazione sociale, condividendo con loro spunti, riflessioni …e talvolta problemi legati al nostro mondo, così poco conosciuto al di fuori di cerchie molto ristrette. Poi penso di poter dare una prospettiva legata all’operato del settore profit più virtuoso, con il quale si possono sviluppare progetti ecosistemici, in cui il non-profit trovi nuovi modelli di collaborazione ed il profit approfondisca nuovi metodi di generazione di impatti sociali. Diciamo che entrare in APIS mi ha finalmente fatto sentire meno sola.
Quale aspetto della progettazione sociale ti pare il più interessante oggi?
Sicuramente la capacità di fornire risposte leggendo il presente in modo partecipativo, grazie alla condivisione di esperienze e contributi provenienti da diversi stakeholder. Non credo, infatti, che esistano affiliazioni tali da bastare a se stesse. Viviamo in realtà sempre più complesse ed interdipendenti, per cui è fondamentale sapersi porre in ascolto di tutti i portatori di interessi. Pochi ambiti riescono, a mio avviso, ad essere così accessibili e “valorizzanti” come quello della progettazione sociale… e soprattutto ora, in una fase di ripresa dopo l’emergenza Covid, c’è bisogno di soluzioni co-create.
Quali sfide vedi all’orizzonte?
Mi preoccupa la tendenza a certificare qualsiasi cosa e a voler modellizzare tutto. Da un lato sono ovviamente consapevole della necessità razionale di dover differenziare e comparare le performance ma sia nel terzo settore, che ne mondo profit, talvolta i migliori progetti sono quelli meno “ingegnerizzati”…che non significa ammantare di spontaneismo il nostro lavoro, ma salvaguardare dinamiche bottom-up che, soprattutto in contesti sociali diversi dal nostro – penso all’Africa dove sto lavorando – fanno fatica a manifestarsi all’interno di questionari.
Ci diresti 3 cose per cui la Progettazione Sociale è importante?
In primis per comprendere il mondo che cambia e fornire risposte partecipate. Poi per far dialogare mondi lontani …e questo secondo me è l’unico modo con cui potremmo sperare di risolvere quella costante polarizzazione che avvelena ogni iniziativa ed ogni presa di posizione. Infine, per approfondire temi complessi come la nostra società: non sono una fan della semplificazione, credo che alcuni fenomeni sociali siano complessi perché sistemici…. e sta a noi armarci di strumenti per comprenderli al meglio, senza superficialità.