Carissime socie e carissimi soci,
due note il meno abborracciate possibile per condividere il progresso del nostro progetto associativo, di elaborazione e approvazione della prima Norma tecnica sulla Progettazione sociale.
È un po’ che non ve ne scriviamo. Dove siamo arrivati? In termini di pianificazione, a un soffio dalla prima “milestone”: giovedì scorso abbiamo tenuto la nostra ultima riunione preliminare in UNI di prefattibilità della Norma, cui ha partecipato oltre ad UNI anche Forum Nazionale del Terzo Settore, ISFOL e la Direzione Generale per le politiche attive, i servizi per il lavoro e la formazione del Ministero del Lavoro e Politiche sociali (sotto vi racconto meglio); abbiamo convenuto che sussistono tutte le condizioni e le evidenze di interesse pubblico per l’avvio del processo formale di normazione (vedi Verbale). Il 28 maggio il nostro progetto sarà discusso in Commissione Servizi, l’articolazione UNI che coordina le (moltissime) richieste di normazione tecnica avanzate dopo l’adozione della L. 4/2013. Salvo sorprese lì otterremo il via libera, e il Tavolo tecnico formalmente costituito avvierà le attività per pervenire nel più breve tempo possibile alla pubblicazione del primo standard italiano (ed europeo, per quel che ci consta) sulla progettazione sociale. Hurrà!
Qui però ci tocca fare a beneficio di tutti un po’ di cronistoria. Come ricorderete, nel 2014 si è costituito un Gruppo di studio coordinato dal nostro Presidente del Comitato scientifico Jamil Amirian, che ha sviluppato la prima stesura di una griglia di descrizione, classificazione e analisi delle competenze del progettista sociale. Abbiamo identificato 31 competenze chiave e relativi “outcome” (di per sé la “competenza” è un’entità astratta, che si manifesta in presenza solo mediante i suoi risultati), distribuite in 4 aree funzionali: Area consulenziale strategica, Area relazionale e di coordinamento, Area elaborazione progettuale, Area gestione progettuale. Invito caldamente chiunque non abbia ancora preso visione di questo primo, importante prodotto a scaricarlo e leggerlo con attenzione. Parla del lavoro di ciascuno di noi, e in parte ci dice anche perché e in vista di quali fini ci siamo costituiti come associazione!
Questo “prelavorato” costituisce la base imprescindibile del lavoro che abbiamo avviato con UNI, a norma della L. 4/2013. Secondo prassi, la “pubblicazione” di uno standard UNI – pur essendo in sé un atto privato e volontario – richiede il coinvolgimento del maggior numero possibile di portatori di interesse della professione, in base all’ovvia considerazione per cui una norma non condivisa o peggio contestata dai suoi “utilizzatori finali” perde in origine qualunque valore ed efficacia. I portatori di interesse che UNI ritiene imprescindibili sono, oltre ai professionisti proponenti (nel caso in oggetto noi progettisti sociali di APIS), i “regolatori” della professione, cioè il comparto pubblico e istituzionale che disciplina settori importanti delle attività formanti oggetto della professione, gli “utilizzatori” cioè i committenti e contraenti – chi richiede i servizi della progettazione sociale: terzo settore, pubblica amministrazione, settori privati e impresa sociale ecc. – e infine i beneficiari finali, cioè chi in concreto ottiene benefici dalla professione.
Spettava a noi di APIS, in quanto proponenti, attivare e coinvolgere questa galassia di portatori di interesse, anzitutto individuando i concreti referenti dei vari settori sensibili. Potete immaginare che non è stato né breve né semplice arrivare al pieno ingaggio di questi mondi, i quali avevano un’idea piuttosto sfocata della progettazione sociale e, almeno in partenza, un basso livello di interesse alla materia. Tanto più che il coinvolgimento richiesto da UNI non si limita affatto a una declaratoria formale di interesse: è invece richiesta la partecipazione attiva ai lavori del Tavolo, e l’adesione ad UNI con regolare versamento di una quota associativa annuale. Questo ci ha creato qualche grattacapo iniziale… e qualche momento di sfiducia. Ma l’insistenza e la caparbietà – la cocciuta idea che nessuno ci toglierà mai, che codificare e qualificare la progettazione sociale equivale a servire e porsi un tema di interesse generale – hanno prevalso, con dei risultati che ad oggi riteniamo addirittura superiori alle aspettative di partenza. Chi abbiamo infatti intercettato e coinvolto in questi mesi di fitti incontri, di trasferte, di mailing e telefonate?
- Ad oggi risulta aver aderito al Tavolo con un proprio delegato il Forum Nazionale del Terzo Settore, ossia la (unica) organizzazione ombrello di rappresentanza di quella congerie di espressioni della società civile e imprenditoriale che è il terzo settore italiano, il settore più dinamico della nostra società: soggetti datoriali e mondo della cooperazione, volontariato, associazionismo, fondazioni e altre organizzazioni ONLUS. Di più non potevamo desiderare, e riteniamo che aver avviato un confronto attivo col Forum abbia un valore che trascende l’utilità stessa della Norma tecnica, tanto più che l’interesse che ci è stato manifestato si allarga a un confronto a tutto tondo sulla progettazione sociale, recepita ci pare dai nostri interlocutori come tema effettivamente cruciale e trasversale alle diverse manifestazioni giuridiche e settoriali del terzo settore. Una sorta di spina dorsale che attraversa le diverse missioni organizzative, tanto più se si intende, come è nel nostro punto di vista, la progettazione “sociale” in senso estensivo, ossia come pratica che sfonda i limiti degli interventi e sistemi di welfare in cui si tende a relegarla, per investire il tema di un “cambiamento” programmaticamente perseguito in vista di un interesse generale. Come dire che si fa progettazione sociale anche quando ci si occupa di cultura, o di scuola, o di formazione, o addirittura di ambiti estremamente settoriali come l’agricoltura, la ricerca scientifica o il progresso tecnologico, ogni qual volta l’agire opera sullo sfondo del generale miglioramento da imprimere a quei complessi mondi di vita che sono le società e i contesti in cui queste si manifestano (se ci pensate, questo è già un primo tentativo di definizione). Ci conforta e incoraggia moltissimo aver da subito raggiunto col Forum una piena intesa su questo approccio.
- Dopo alcuni incontri preparatori hanno partecipato ai lavori, in modo estremamente qualificato, ISFOL e Ministero Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale per le politiche attive, i servizi per il lavoro e la formazione. Si tratta di due poli rilevantissimi ed estremamente competenti sulla materia, oltre che profondamente embricati tra loro in quanto il primo agisce per conto del secondo come Ente tecnico sul progetto di allestimento del Sistema nazionale di certificazione delle competenze, recentemente ratificato dalla Conferenza Stato-Regioni che nella seduta del 22 gennaio ha approvato l’Intesa sullo schema di decreto interministeriale concernente
Non vorrei annoiarvi con estremi tecnicismi, ma il tema è di effettivo interesse: in sostanza, mentre come APIS ci muovevamo forti della L. 4/2013 per un riconoscimento in forma privata (UNI) della nostra professione attraverso una norma tecnica, il Governo con questi provvedimenti andava componendo un quadro il più unitario possibile, o perlomeno convergente tra regione e regione, delle diverse professioni e qualifiche professionali, ciascuna delle quali – e soprattutto le “nuove” professioni – da definirsi attraverso una descrizione operazionale che inquadra le professioni per attività e sub attività realizzate. Non troppo diversamente da come ci siamo mossi noi con la nostra scomposizione iniziale delle competenze correlate a quel campo fenomenico che chiamiamo “outcome” professionali. Il progetto, come ne abbiamo saputo, ha da subito interessato noi. Ma la buona notizia è però che noi siamo risultati estremamente interessanti per loro! Siamo infatti – prego cogliere la vibrante fierezza con cui vergo queste note – stati eletti come un eccellente caso di scuola, in quanto rete professionale che ha le capacità e le risorse intellettuali per provvedere da sé a una definizione e scomposizione analitica del proprio agire, maneggiando uno strumentario concettuale e categoriale piuttosto affine al loro. La sostanza è che, se questa linea di tendenza e questo loro interesse si confermeranno, avremo Ministero del Lavoro e ISFOL come partner insieme a Forum Terzo Settore del nostro lavoro di definizione della Norma. Non male cari soci, non male…
Insomma, non è ancora il tempo delle fanfare, ma la strada ci si sta aprendo davanti, riservandoci qua e là delle conferme importanti sull’interesse che la professione che esercitiamo – sotto la scorza spessa e dura dell’indifferenza che alcuni settori rilevanti continuano a manifestare – è in grado di suscitare, non appena ci sia concesso di spiegarne la portata e gli effetti su moltissimi dei livelli della programmazione istituzionale e del privato sociale.
Qui in chiusura da bravo presidente vorrei ringraziare per il percorso sin qui compiuto anzitutto tutti i soci e le socie che hanno partecipato al lavoro di costruzione, rilevazione e test del nostro primo strumento di analisi della professione (ricordate?). Poi un grande grazie va a Jamil Amirian, che insieme a me e più di me ha messo mano e testa sull’impostazione metodologica del processo, l’elaborazione dei prodotti e l’accompagnamento di tutta la strategia di cui sin qui vi ho raccontato, e a Veronica Pivato, una giovane studentessa che ha avuto la ventura di imbattersi in noi per uno stage curriculare universitario. Ha fatto “legna” insieme a noi, tra telefonate a funzionari distratti e disinteressati e tenuta di un’agenda di contatti sempre esposta alla dimenticanza. Senza fare legna risultati di questa portata non se ne lucrano…
Restate in onda con noi e … adelante!